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specchiera di fronte sulla quale scende un velo bianco
da prima comunicanda, ricorda al signor Münster l ulti-
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mo atto della Signora delle Camelie, che il signor Mün-
ster ha udito molti anni addietro a Vienna, da Eleonora
Duse. Davanti a questa specchiera allora sedeva Mar-
gherita Gautier e soffocava nel fazzoletto i suoi sbocchi
di sangue, ora siede la signora Münster per «farsi la fac-
cia», in kimono e i piedi infilati nelle pianelle arabe, che
il signor Münster le ha comperato nel negozio tripolino
di via Veneto.
Sono delle pianelle di marocchino rosso, rabescate
con filo d argento. La mascherina breve copre appena le
dita, e non completamente ancora, perché lascia intrave-
dere l inizio delle falangi e il canaletto fra dito e dito. Sul
collo bianchissimo rameggiano le vene, e come piccoli
fiumi azzurri si perdono nell ombra dell arco plantare.
Quali paesaggi accende questo nome: il Nilo Azzurro!
Sul calcagno rosseggia una piccola aurora.
Le altre parti «significative» del corpo della signora
Münster non sempre allettavano il signor Münster, spes-
so anzi lo lasciavano indifferente, talvolta gli ispiravano
persino una certa quale repellenza: la faccia soprattutto,
quando la mattina portava ancora la pelle del sonno e il
lustro delle secrezioni sebacee. Ma non era volta invece
che la vista dei piedi nudi della signora Münster infilati
nelle pianelle arabe, non commovesse il signor Münster.
Egli pensava allora quanto savio e quanto esperto pure
era l apostolo Paolo, che ammoniva le donne romane di
coprirsi i piedi, «queste armi di cui l avversario si serve
per indurci in tentazione». Ma quale effetto faranno al
signor Münster i piedi nudi dí Erda, ora che il signor
Münster sa di essere morto?
Piaceva al signor Münster il quartierino di via Condot-
ti, anche perché era nel centro di Roma e gli evitava i pic-
coli ma fastidiosi viaggi in tram, in autobus, in tassi o an-
che a piedi. «lo sono nel cuore di Roma» diceva il signor
Münster, come avrebbe detto, se lo avesse pensato: «Io
sono nel cuore di mia moglie». Ma come poteva pensar-
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lo? Il signor Münster aveva stupito, si era profondamente
addolorato scoprendo che le promesse che Erda gli aveva
fatto, le assicurazioni che gli aveva dato nei primi tempi
del loro matrimonio, e soprattutto prima del matrimonio,
s isterilivano a poco a poco, si lasciavano distanziare, mo-
rivano su per la strada della loro vita, sulla quale soltanto
l abitudine continuava a camminare, zoppa e sciancata, e
una specie di misteriosa legge della convivenza. Poi, an-
che questo abbandono delle promesse, anche questa
morte delle cose ritenute immortali, il signor Münster
aveva finito per accettarli come cose che cosi sono «per-
ché cosí debbono essere». E le grige, le ineluttabili fatalità
della vita una volta ancora avevano avuto ragione di lui.
Nobile ingresso faceva il signor Münster nel mondo
della strada, la mattina quando usciva di casa e vedeva per
prima cosa le vetrine dei Fratelli Alinari. Da epoche remo-
te della sua vita il signor Münster non aveva piú veduto
l aurora, da molti anni il sorgere del sole non faceva piú
parte degli spettacoli della sua vita; ma non erano aurore
forse l Annunciazione del beato Angelico, il Concerto cam-
pestre di Giorgione, il San Giorgio di Raffaello che splen-
devano nelle vetrine dei fotografi fraterni? Il signor Mün-
ster tuttavia preferiva le pitture greche del museo di
Napoli. In quelle nobili vetrine figuravano in tricromia
l Educazione di Achille, il Sacrificio d Ifigenia, Ulisse e Cali-
pso, e il signor Münster si fermava lungamente a guardar-
le. L arte è lo spettacolo dei nostri desideri, la rappresenta-
zione di ciò che noi vorremmo avere ma la vita non ci dà.
Tanto piú l arte è preziosa, quanto piú i desideri che essa
rappresenta sono lontani e inattuabili. Vivere dentro il
Concerto campestre il signor Münster lo desiderava, e cosí
pure dentro il San Giorgio: meno dentro l Annunciazione,
e anzi, per dire la verità, vivere dentro l Annunciazione il
signor Münster non lo desiderava affatto, benché anche
l Annunciazione fosse una aurora; ma quanto piú contento
sarebbe stato vivere dentro il mondo della pittura greca,
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che con i suoi colori puliti e trasparenti, la sua tranquilla
dignità, il suo tatto poetico sta di là dal dramma, di là dalla
sofferenza, di là dalle immondezze della vita...
Il signor Münster amava pure fermarsi davanti ai ne-
gozi di articoli per uomo, che in via Condotti sono nu-
merosi e vistosissimi. Guardava a lungo e con occhio
amoroso le vesti da camera turchine costellate dí pastic-
che bianche, le ampie cravatte rabescate, le giacche da
casa dai larghi risvolti sciallati, i bastoni di malacca che
poggiano al vetro la loro testina d avorio.
Particolarmente ammirava il negozio «Petronio», e
una mattina che via Condotti era ancora fresca di annaf-
fiagione, radi i passanti e il primo sole dorava la scalina-
ta e le torri della Trinità dei Monti, il signor Münster en-
trò in discorso col proprietario incorniciato nella porta
della sua bottega, col quale fino allora si erano guardati
con simpatia, si erano sorrisi ma non si erano ancora
parlati. Per mettersi in armonia col contenuto della sua
bottega, il padrone di quei preziosi indumenti portava
ampi calzoni alla messicana e una casacca di picchè
bianco, simile all attillata giubba degli schermitori, tron-
cata alla vita in una cintura stretta, con larghi risvolti in-
crociati sul petto e fermati da una doppia abbottonatura
a piramide capovolta. Disse il signor Münster al padro-
ne del «Petronio» che lui, cosí vestito, gli rammentava i
felici abitanti del film Metropolis, viventi sui tetti dei
grattacieli in ameni giardini, tra fontane odorose e uccel-
li lira. E Petronio di rimando invitò il signor Münster a
visitare la sua bottega. gli aprí le sue scatole piú gelose,
tirò fuori pigiama iridescenti come l aurora, sciarpe che
erano lunghi frammenti di luce lunare, cravatte che ave-
vano la floreale dovizia dei giardini tropicali. Quindi lo
iniziò ai misteri della retrobottega, e in ultimo, nel salu-
tarlo, gli disse: «Voi, signor Münster, siete il mio cliente
ideale. Al cliente che compera io preferisco il cliente che
capisce, apprezza, sente la bellezza, il fascino, la poe-
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sia di un pigiama, di una sciarpa, di una cravatta.. Signor
Münster, i miei rispetti!». E il finto schermitore salutò il
signor Münster da perfetto signore della spada.
Un dubbio riemerge di tanto in tanto da questo tessu-
to di memorie, che passa e ripassa nella mente del signor
Münster, quasi per un bisogno di compagnia e di prote-
zione egli voglia circondarsi di tutti i suoi ricordi, di tut-
ti i suoi amici: «Erda mi ha visto... Ma ha capito che io
sono ... ?».
Piú dí tutto il signor Münster paventa le spiegazioni.
«Spiegare» a Erda questa situazione «inesplicabile».
Buttare un ponte di parole tra la situazione di prima e la
situazione di adesso. Tra la situazione nota e la situazio-
ne ignota. Ignota per gli altri però, non per sé cui, strano
a dirsi, questa situazione di morto-vivo pare la piú legit-
tima e naturale. Perché tanta sete di spiegazione negli al-
tri? Perché gli altri non fanno come fa lui, che evita le
spiegazioni e, anche offerte, egli, per prudenza, per pau-
ra, le rifiuta?
Il signor Münster è timido. La timidità del signor
Münster è una timidità «attiva». Questa timidità sempre
vigile, sempre in agguato, sempre pronta a entrare in
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